Al punto che la Uiltrasporti dice no al “referendum farsa” e fissa la “sua” consultazione dal 28 luglio al 1 agosto. Un referendum che è appena partito (si concluderà venerdì), prima dell’assemblea degli azionisti. I dipendenti dovranno dire la loro sull’accordo integrativo aziendale, che contiene l’intesa sul contributo del lavoro. Chiarezza dicono i sindacati dialoganti, mentre i vertici della compagnia di bandiera avvertono che il tempo sta scadendo, che il fallimento è a un passo, e il presidente del Consiglio di gestione di Intesa Sp, Gian Maria Gross-Pietro dice che “è assolutamente escluso un ulteriore impegno da parte delle banche”. Un bel rompicapo, perché l’azienda venerdì deve affrontare l’ultima prova decisiva per evitare il fallimento e per poter avviare a buon fine l’accordo con Etihad, ma nessuna delle due condizioni si potrà realizzare in mancanza dell’accordo sindacale”.
Filt, Fit e Ugl, sono convinti che “gli accordi sottoposti a referendum, sofferti e impegnativi per il lavoro, sono uno degli elementi indispensabili per scongiurare il fallimento di Alitalia e conseguentemente il fallimento dell’operazione di ingresso di Etihad. L’accordo sul costo del lavoro – spiegano – dura sei mesi e si concluderà, quando sarà già costituita la nuova azienda, a seguito dell’accordo con Etihad ed il rinnovo del ccnl del Trasporto Aereo, che sarà applicato dalla nuova Alitalia, garantisce gli aumenti contrattuali e stabilità nei trattamenti economici e normativi dopo il passaggio di azienda”. Ragione per cui a questo punto “solo l’espressione democratica e responsabile del voto dei lavoratori può mettere la parola fine a questa fase drammatica dell’azienda con il sì al referendum, prima dell’assemblea dei soci del 25”. Venerdì scatta la dead line, alias posti di lavoro. Le polemiche resteranno … per aria.